Poca chiarezza sulle partecipate: si vendono i gioielli di famiglia, ma per fare che cosa?

L’Amministrazione Comunale ha deciso quali partecipazioni azionarie vendere per fare cassa e procurarsi un tesoretto da spendere.
Ben arrivati, ci verrebbe da dire, perché da tempo chiediamo una vera spending review che analizzi senza pietà costi e partecipazioni, con l’obiettivo di interrompere la spirale di “Tassa e Spendi” che sta prosciugando oltre modo le tasche di imprese e cittadini.
Peccato che, solo qualche mese fa, in occasione del bilancio preventivo, ci veniva detto che la valutazione dell’opportunità di mantenere o meno le partecipazioni di cui sopra non era un argomento all’ordine del giorno. I fatti ci danno ragione ancora una volta.
L’interrogativo di fondo non è di poco conto: si vendono i gioielli di famiglia, ma per fare che cosa? “Per effettuare maggiori pagamenti per opere e lavori pubblici”, si dice.
Un po’ pochino.
Sarebbe stato opportuno, prima di decidere cosa vendere, dire chiaramente per cosa vendere, stilando una lista chiara delle opere da finanziare o da pagare ritenute prioritarie, con una programmazione condivisa.
Così non è, si vende per colpa del patto di stabilità (ma negli ultimi anni le spese del Comune sono sempre aumentate) ma come si utilizzeranno i soldi dei cittadini ancora non lo sappiamo.
Si vogliono vendere le partecipazioni in Face, Hera, Start, Terme di S.Agnese.
Su quest’ultima nulla da dire, sulle altre è necessaria qualche considerazione.
Su Face: si fosse proseguita con maggiore convinzione la privatizzazione delle farmacie avviata ormai più di dieci anni fa (da Mario Guidazzi, guarda caso), sicuramente gli introiti sarebbero stati più consistenti di quelli che saranno domani, complici l’apertura di nuove farmacie e la nascita delle parafarmacie.
Su Start Romagna vendere la partecipazione giustificandola con l’avvio del processo di privatizzazione finalizzato ad “individuare un partner imprenditoriale” è come pretendere di vendere abbonamenti allo stadio solo promettendo che si farà una bella campagna acquisti.
Gli altri soci pubblici di Start sono d’accordo con questa decisione? La prenderanno anche loro, o ancora una volta ognuno va per la sua strada? La vendita della sola quota di Cesena non libera gli spazi adeguati affinché un privato che entra nel trasporto pubblico possa avere reale capacità decisionale, con il rischio che, proprio per questo motivo, un privato interessato sia molto difficile da trovare, salvo che sia affetto da tendenze masochiste.
Su HERA: per noi è chiaro già da tempo che la partecipazione in Hera è dettata solo dai dividendi che i Comuni incassano ogni anno e dalle venature politiche che la caratterizzano, benché il management sia sempre più focalizzato sui risultati di Piazza Affari. La fusione con Acegas ne è stata l’ultima dimostrazione, facendo calare ulteriormente la quota romagnola e quindi il relativo peso specifico. La decisione di vendere è stata presa in accordo con gli altri enti locali soci del patto di sindacato? Perchè, se è una iniziativa scollegata dal contesto generale, indebolisce il futuro peso contrattuale del territorio in vista delle future gare per l’affidamento dei servizi pubblici, e questo è un errore gravissimo, anche perchè vendendo quote si dichiara che la partecipazione in Hera non è strategica: meglio tardi che mai.

Molte perplessità, quindi, e molti timori, perché queste sono operazioni che non si possono fare ogni anno, e che quindi vanno pensate e realizzate con grande chiarezza e grande lungimiranza.
Esattamente quello che, purtroppo, non ci pare di scorgere.

Luigi Di Placido
Paolo Montesi

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